Esiliati nel post-moderno: torniamo a far cantare le nostre cetre

Commento alle letture del giorno 10-03.2024

In chiesa, i cattolici, di domenica ascoltano tre letture tratte dalla Bibbia, intervallate da un salmo, a cui segue l’omelia del prete e il rito del Sacrificio. In questo articolo  riflettiamo sugli aspetti storico-filosofici dei testi di oggi. L’analfabetismo religioso odierno è un male dilagante, che impoverisce l’intera società, e bisogna porvi rimedio.

Il tema che unisce le letture della messa di oggi è la risurrezione, che può essere vista come metafora del rialzarsi e tornare a suonare la cetra dopo ad un periodo di grande sofferenza ed esilio.

La prima lettura, tratta dal Libro delle Cronache (Bibbia), parla di un fatto storico:

Nel 586 a.C. il re Babilonese Nabucodonsor distrusse Gerusalemme e demolì il tempio. il popolo d’Israele, però, non perse speranza, anzi: proprio in questo periodo di grande dolore e sradicamento riuscì a rafforzare la propria identità religiosa e cultuale. La distruzione del primo tempio, eretto da Re Salomone – come spiega la prima lettura- fu conseguenza al fatto che il popolo d’Israele avesse smesso di obbedire al Signore.  In seguito alla sua distruzione avvenuta per mano di Nabucodonsor gli ebrei divennero profughi e andarono in esilio a Babilonia e qui, piangendo sulle rive del fiume, ricordavano quanto fosse bella la loro vita finchè avevano un tempio in cui glorificare il Signore ed un nazione in cui vivere. Oggi molte persone animate da forte spiritualità e senso del sacro, sia cattolici che ortodossi, vivono in quest’epoca post-moderna e dissoluta con l’impressione di essere in un “esilio babilonese”.

Come infatti spiega il Salmo 136 gli ebrei, dopo la deportazione, soffrivano così tanto che smisero di cantare ed appesero le loro cetre agli alberi.

Oggi, i cristiani, come dice Roberto Righetto in un articolo su Avvenire, partecipano con timidezza alla vita culturale del mondo e nel medesimo testo si fa riferimento al fatto che anche il Cardinal Zuppi abbia notato che la cristianità faccia fatica ad esprimersi attraverso l’arte.

Liliane Tami

Le truppe di Nabucodonsor distruggono Gerusalemme

Le cetre degli artisti ispirati da Dio, in un mondo sempre più votato al Vitello d’oro, tacciono.

Facciamole risorgere! Tra Ortodossi  e Cattolici, aldilà della disputa del filioque, vi sono 1054 anni di glorioso cammino artistico-teologico-culturale compiuto nell’unità e nella condivisione degli stessi padri della chiesa: che possano, queste due parti, ognuno con le proprie posizione teologiche, valorizzare l’arte che con la bellezza canti le Lodi al Signore!

Dove sono tutti quei grandi artisti che dipingevano suntuose pale d’altare come il Crivelli? Perché gli scultori come Michelangelo nascondono i loro scalpelli?  Che fine hanno fatto gli uomini di scienza e fede, come Luca Pacioli, che dedicavano le loro scoperte a Dio? Dove si sono celati gli architetti che erigevano le cattedrali che hanno reso gloriosa la nostra storia? Perché tacciono i poeti come Gregorio di Nazianzo, Efrem il siro o Sant’Ambrogio che componevano capolavori in versi?

Oggigiorno, come riporta la filosofa francese Chantal Delsol, ci ritroviamo in un’epoca neopagana e anche i cristiani, con mansueta malinconia, si trovano a vivere in terra straniera proprio come gli ebrei durante l’esilio.

Dolore atroce! Le nostre cetre, appese agli alberi, sembrano non cantare più. Ravviviamole!

Per grazia di Dio, però, dopo alla sofferenza vi è la risurrezione: come dopo all’esilio di Gerusalemme gli Ebrei hanno potuto ricostruirsi un Secondo Tempio grazie all’intervento di Ciro il Grande, forse anche per noi, uomini di fede, abbiamo la possibilità di ridare forza alla Chiesa che, per mezzo dell’arte, della cultura, della costruzione di grandiose università e gloriosi monasteri -culle di capolavori di ogni genere- ha reso grande l’umanità. Il Vangelo del Giorno, tratto dall’evangelista Giovanni, ci esorta a rialzarci dopo alle sofferenze e camminare nella luce: ogni giorno è il momento buono per intraprendere un piccolo passo verso al Bene che è l’amarsi l’un l’altro e, come dice San Paolo, ciò potrà mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della Fede.

Gli ebrei esiliati a Gerusalemme piangono lungo al fiume con le cetre appese ( Salmo 137)

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